Il d.lgs. n. 36/2023 ha inteso attribuire alla determina a contrarre un ruolo centrale nell’avvio delle procedure di affidamento, confermandone la funzione di atto che dà impulso al procedimento e ne traccia l’impostazione iniziale. Eppure, nonostante l’obiettivo dichiarato di razionalizzazione, il nuovo Codice sembra aver accentuato l’ambiguità che da sempre caratterizza questo istituto, caricandolo di funzioni e contenuti talvolta difficilmente conciliabili tra loro.
La funzione originaria della determina
In via generale, la determina a contrarre dovrebbe rappresentare il provvedimento con il quale l’amministrazione, per il tramite del responsabile di budget, individua il bisogno pubblico da soddisfare, assegna le risorse necessarie e nomina il Responsabile unico del progetto (RUP), cui spetta la gestione di tutte le fasi del procedimento, dalla programmazione fino al collaudo. In questa prospettiva, la determina si configura come un atto di impulso: non è chiamata a compiere scelte tecniche, bensì a fissare i presupposti organizzativi e contabili che consentono l’avvio della procedura.
Le previsioni del nuovo Codice
Il nuovo Codice, tuttavia, moltiplica le disposizioni che attribuiscono alla determina contenuti ben più ampi. L’art. 17, ad esempio, esige che siano già individuati gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione delle offerte; l’art. 11 e l’Allegato I.1 richiedono che venga specificato il contratto collettivo nazionale o territoriale applicabile al personale; l’art. 44 impone di stabilire se la gara abbia ad oggetto un progetto di fattibilità tecnico-economica o un progetto esecutivo; l’art. 53 consente di richiedere la cauzione provvisoria anche negli affidamenti diretti; l’art. 59 disciplina i criteri di riparto negli accordi quadro plurilaterali; l’art. 83 obbliga a motivare le deroghe ai bandi-tipo ANAC; l’art. 119 prevede che l’eventuale limitazione al subappalto sia disposta proprio nella decisione di contrarre.
Vi sono poi ulteriori richiami negli allegati: l’Allegato I.1 richiede l’indicazione dei codici CPV e ATECO dell’attività principale da porre a base di gara, mentre l’Allegato II.1 pretende che la determina specifichi i criteri di selezione degli operatori da invitare nelle procedure negoziate.
Si tratta, come si vede, di una serie di adempimenti che esula dalla mera dimensione contabile e programmatica e che presuppongono valutazioni tecniche di alto livello.
La contraddizione logica e sistematica
Questa impostazione genera una evidente contraddizione. La determina a contrarre interviene necessariamente prima della fase di progettazione. Tuttavia, il legislatore pretende che già in questa sede vengano assunte decisioni che richiederebbero la previa elaborazione di un progetto o la definizione di specifiche tecniche. Come può, dunque, il responsabile di budget – figura priva di competenze progettuali – determinare criteri di selezione, contratti collettivi, modalità di esecuzione o percentuali di riparto tra più operatori economici?
La conseguenza è che, in molte realtà amministrative, si continua a inglobare nella determina anche il capitolato e gli atti di gara, facendoli sottoscrivere al responsabile di budget o al dirigente che gestisce la spesa. Talvolta, addirittura, si parla impropriamente di “determina di indizione della procedura”, sovrapponendo piani che il Codice, almeno formalmente, vorrebbe distinguere.
La prassi e i rischi applicativi
Questa prassi non appare corretta: da un lato, si attribuiscono al responsabile di budget competenze tecniche che non gli appartengono; dall’altro, si svuota il ruolo del RUP, cui il Codice assegna la responsabilità unitaria di tutte le fasi. In concreto, il rischio è quello di una diluizione delle responsabilità, con possibili conseguenze sul piano della legittimità degli atti e, in prospettiva, sul contenzioso.
Non va sottovalutato, inoltre, il profilo della responsabilità contabile: il dirigente che approva una determina “onnicomprensiva” potrebbe essere chiamato a rispondere di scelte che esulano dal suo ambito naturale di valutazione, esponendo l’amministrazione a incertezze interpretative e possibili censure.
Una lettura sistematica più coerente
Per restituire coerenza al sistema, appare opportuno ricondurre la determina a contrarre ai suoi contenuti minimi essenziali:
Tutti gli altri profili di natura tecnica o procedurale dovrebbero essere demandati a successivi provvedimenti, predisposti e sottoscritti dal RUP o dai responsabili di fase, eventualmente con il supporto di professionisti esterni. Solo in questo modo si può garantire la coerenza con la logica del procedimento e una corretta distribuzione delle responsabilità.
Considerazioni conclusive
Il nuovo Codice, pur avendo inteso rafforzare la funzione della determina a contrarre, sembra non aver risolto la questione della sua esatta natura giuridica. Anzi, la molteplicità di previsioni che ne ampliano i contenuti rischia di accentuare l’ambiguità. Occorrerà, quindi, un lavoro interpretativo – e probabilmente anche giurisprudenziale – per riportare equilibrio tra le diverse esigenze: da un lato, garantire trasparenza e completezza degli atti; dall’altro, rispettare la logica sequenziale delle fasi e le competenze dei soggetti coinvolti.
Lo Studio Legale Tristano
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