La concessione amministrativa è lo strumento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione conferisce o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un privato. Questo istituto, sempre più largamente utilizzato dagli enti pubblici, consente di sopperire alla carenza ormai strutturale di fondi, trasferendo oneri e costi dei servizi alla parte privata, che si assume il rischio imprenditoriale dell’operazione.
La concessione e l’appalto si configurano come due distinte forme di contratto, nettamente distinte tra di loro, soprattutto per quanto concerne l’assunzione del rischio imprenditoriale.
Il Consiglio di Stato (sentenza 4 settembre 2012, n. 4682) sottolinea che “si ha concessione quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione”.
Il concessionario è libero di organizzare la propria attività secondo i criteri scelti da quest’ultimo per la migliore gestione del servizio.
A tale libertà è tuttavia correlato il rischio imprenditoriale, ovvero il rischio operativo (definito dall’articolo 3, comma 1, lettera zz, del codice dei contratti) che pone il concessionario nella condizione di ammettere che non gli sia “garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”. Da cui ne consegue che, come precisato dall’articolo 165, comma 1, del Codice “la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Tali contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo definito dall’articolo 3, comma 1, lettera zz) riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario”.
Dunque amministrazioni ed enti vincitori otterranno una remunerazione per il lavoro svolto esclusivamente dai servizi resi, ovvero dalla gestione del servizio attivato.
Un esempio potrebbe essere quello della società Autostrade per l’Italia che trae remunerazione dal pedaggio dei fruitori del servizio, rischiando in questo modo di non rientrare interamente negli investimenti sostenuti. Diverso sarebbe stato se la società avesse stipulato un contratto di appalto: in quel caso il costo della realizzazione e manutenzione delle reti viarie sarebbe stato interamente a carico dell’amministrazione appaltante.
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